Made in Italy alla Tosse: Cartoline dall'inferno

Il titolo di questo spettacolo avrebbe potuto essere “Cartoline dall’inferno”. L’Inferno è il Nord-est, patria di sghei e bestemmie. L’Inferno è l’Italietta tragicamente volgare e presuntuosamente ignorante che ci circonda.
Parte a razzo, Made in Italy, con un testo difficilissimo, un testo non”teatrale”, dove un fiume incontenibile di parole ci viene vomitato addosso, e le parole diventano dei flash che svelano lo squallore del quotidiano, diventano una litania sull’ipocrisia, sui pregiudizi, sulla stupidità del nostro paese.
L’interpretazone è stilizzata, anti-naturalistica, i 2 attori di “Babilonia Teatri” creano 2 automi: sono due “strumenti” al servizio di questo testo, ci schiaffeggiano e ci fanno sorridere con le loro parole, pesanti, fastidiose ma gelide, senz’anima ed emozione come il nulla cosmico o forse è meglio dire il nulla catodico che rappresentano, (lo spettacolo è infarcito di sottocultura televisiva come lo è la nostra Italy).
Anche se ho preferito il diversissimo Desideranza, ho dato a Made in Italy il massimo dei voti, (alla fine di ogni spettacolo di questa rassegna, era possibile votare!), perché così deve essere un “t
eatrogggiovane”, deve avere il coraggio di dissacrare, di provocare, di infastidire e di schiaffeggiarci se è il caso, senza mai perdere la cifra dell’ironia.
Qualche perplessità mi rimane, però, sulla parte finale dello spettacolo, dove gli attori “perdono la parola”, e le uniche parole in scena diventano voce registrata, telecronaca televisiva (unica voce/coscienza collettiva rimasta alla nostra Italietta). La sequenza “Italiacampionedelmondo” sarebbe stata un finale esplosivo e invece “i Babilonia” preferiscono chiudere “in calare”, con una immagine finale piuttosto debole: “Volevamo dire che in Italia comunque non succede nulla, non cambierà nulla” dice l’attrice interrogata a proposito del finale. Ma è sempre rischioso rappresentare il nulla con il nulla....Io e l’amico attore MattiaPassadore, volevamo un finale bomba. Sarebbe bastato un urlo, come quello che apriva lo spettacolo, o comunque un ultimo sonoro schiaffone. Ne abbiamo sentito la mancanza.

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