Riceviamo dalla nostra inviata estera, La Okkietti. La Okkietti è una di quelli che "siccome a Genova non succede mai niente...alooora parto". La Okkietti è andata a far l'erasmus in Belgio. E ci ha smollato qui da soli. E' partita 2 settimane fa, ma c'era il vulcano (che tra l'altro sta continuando a pompare di brutto) e l'han rispedita indietro. Insomma che ha provato con tutti i mezzi a ripartire. Ma non c'era verso. Così gli è toccato partire coi suoi, in auto...ancora deve arrivare
Direttamente dalla città delle mille luci parte la rubrica dell'inviata speciale. Che sono io, La Okkietti. Il viaggio è appena cominciato: arrivata alle otto di sera all'Hotel de l'ésperance (un nome un programma...), con la speranza – appunto – di trovare un posteggio. La stanza da cui scrivo è piccola e accogliente, caaaaalda. Il letto a due piazze ha il baldacchino. Baldacchino?! Solo a Parigi e in Turchia può esserci un baldacchino in un hotel a due stelle... Ebbene sì, c'è un baldacchino, che io, cari miei, non mi godrò perché a me spetta la branda, come al cane. Non viaggio sola infatti, vi lascio solo immaginare con chi sto viaggiando e chi, invece, si godrà il baldacchino... Ecco appunto. E vi assicuro che se escono vivi da questa vacanza io posso essere certa di essermi guadagnata un posto in Paradiso.
Il viaggio è cominciato come tutti i viaggi firmati Okkietti: nervoso. Macchina stipata di pasta, pan di stelle, pesto, salami e grana padano che quando siamo partiti sembravamo la famiglia che va a vendere al mercato. Portiamo le cibarie del paese natio ai molti amici migrati all'estero, portiamo la speranza che dell'Italia -povera patria, cantava qualcuno- si salvi ancora qualcosa. Il cibo appunto: principale vanto e argomento di conversazione degli italiani all'estero, in patria, a tavola, in salotto, all'aperitivo, alla colazione, all'ammazzacaffè.... Avete notato quante occasioni abbiamo noi italiani in un unica giornata di mangiare e commentare quel che mangiamo? Io ci ho fatto caso da che mi sono trasferita in Belgio, ad Anversa. Il primo sentore l'ho avuto quando ho scoperto che pane e burro d' arachidi (anche se non propriamente indigeno né del Belgio, né tanto meno dell'Italia) poteva risolvere qualsiasi crisi: da quella matrimoniale al mal di pancia da ciclo. Poi con alcune amiche italiane, c'è stata l'idea di istituire “Il Pranzo della Domenica”, di cui si incominciava a discutere il menù direttamente il lunedì a pranzo. La preoccupazione è salita quando, mangiando, parlavamo di quello che avremmo voluto mangiare in seguito. Infine, alla preoccupazione è seguita rapidamente la rassegnazione di fronte all'evidenza quando, in una tavolata in-ter-na-zio-na-le, si è creato un gruppo di italiani che ha discusso accanitamente per quaranta minuti abbondanti sulla bontà casalinga e sulla presunta mancanza di buon cibo all'estero. Tornata in Italia mi sono accorta che, bizzarramente, gli italiani non parlano solo del piacere di stare a tavola quando sono all'estero, ma approfondiscono l'argomento direttamente dalla sua sede centrale: il pranzo in famiglia! In un misto di scherno e sbigottimento rispondevo a mio padre, oggi, per il settimo giorno di fila, che il piatto tipico belga sono “sììììììì!!!! le patate fritte!!! e l'insalata belga!!! basta!!!!”. “Cosa ci vengo a fare io allora?” mi rispondeva amareggiato lui...
Ma questo sarà un problema di martedì, quando entreremo nella patria delle patate fritte; oggi siamo a Parigi. Domani colazione da Starbucks -internazionale ed affidabile-, mini-tour della rive gauche e poi via, in missione a distribuire i beni di prima necessità ai fratelli italiani migrati in questi paesi terzomondisti che non possono neanche permettersi i pan di stelle!!
Buonanotte allora, domani mi aspetta un grande compito: portare quel pezzo d'Italia che più manca a chi dall'Italia ha deciso di andarsene. La speranza è che venga presto un motivo altrettanto buono (è proprio il caso di dirlo) e nobile come la nostra cucina a far venire la nostalgia di casa e che gli italiani possano cominciare a vantarsi per ore per ore e per ore di qualcosa che non siano solamente “la carbonara come la facciamo noi”.
La Okkietti
Direttamente dalla città delle mille luci parte la rubrica dell'inviata speciale. Che sono io, La Okkietti. Il viaggio è appena cominciato: arrivata alle otto di sera all'Hotel de l'ésperance (un nome un programma...), con la speranza – appunto – di trovare un posteggio. La stanza da cui scrivo è piccola e accogliente, caaaaalda. Il letto a due piazze ha il baldacchino. Baldacchino?! Solo a Parigi e in Turchia può esserci un baldacchino in un hotel a due stelle... Ebbene sì, c'è un baldacchino, che io, cari miei, non mi godrò perché a me spetta la branda, come al cane. Non viaggio sola infatti, vi lascio solo immaginare con chi sto viaggiando e chi, invece, si godrà il baldacchino... Ecco appunto. E vi assicuro che se escono vivi da questa vacanza io posso essere certa di essermi guadagnata un posto in Paradiso.
Il viaggio è cominciato come tutti i viaggi firmati Okkietti: nervoso. Macchina stipata di pasta, pan di stelle, pesto, salami e grana padano che quando siamo partiti sembravamo la famiglia che va a vendere al mercato. Portiamo le cibarie del paese natio ai molti amici migrati all'estero, portiamo la speranza che dell'Italia -povera patria, cantava qualcuno- si salvi ancora qualcosa. Il cibo appunto: principale vanto e argomento di conversazione degli italiani all'estero, in patria, a tavola, in salotto, all'aperitivo, alla colazione, all'ammazzacaffè.... Avete notato quante occasioni abbiamo noi italiani in un unica giornata di mangiare e commentare quel che mangiamo? Io ci ho fatto caso da che mi sono trasferita in Belgio, ad Anversa. Il primo sentore l'ho avuto quando ho scoperto che pane e burro d' arachidi (anche se non propriamente indigeno né del Belgio, né tanto meno dell'Italia) poteva risolvere qualsiasi crisi: da quella matrimoniale al mal di pancia da ciclo. Poi con alcune amiche italiane, c'è stata l'idea di istituire “Il Pranzo della Domenica”, di cui si incominciava a discutere il menù direttamente il lunedì a pranzo. La preoccupazione è salita quando, mangiando, parlavamo di quello che avremmo voluto mangiare in seguito. Infine, alla preoccupazione è seguita rapidamente la rassegnazione di fronte all'evidenza quando, in una tavolata in-ter-na-zio-na-le, si è creato un gruppo di italiani che ha discusso accanitamente per quaranta minuti abbondanti sulla bontà casalinga e sulla presunta mancanza di buon cibo all'estero. Tornata in Italia mi sono accorta che, bizzarramente, gli italiani non parlano solo del piacere di stare a tavola quando sono all'estero, ma approfondiscono l'argomento direttamente dalla sua sede centrale: il pranzo in famiglia! In un misto di scherno e sbigottimento rispondevo a mio padre, oggi, per il settimo giorno di fila, che il piatto tipico belga sono “sììììììì!!!! le patate fritte!!! e l'insalata belga!!! basta!!!!”. “Cosa ci vengo a fare io allora?” mi rispondeva amareggiato lui...
Ma questo sarà un problema di martedì, quando entreremo nella patria delle patate fritte; oggi siamo a Parigi. Domani colazione da Starbucks -internazionale ed affidabile-, mini-tour della rive gauche e poi via, in missione a distribuire i beni di prima necessità ai fratelli italiani migrati in questi paesi terzomondisti che non possono neanche permettersi i pan di stelle!!
Buonanotte allora, domani mi aspetta un grande compito: portare quel pezzo d'Italia che più manca a chi dall'Italia ha deciso di andarsene. La speranza è che venga presto un motivo altrettanto buono (è proprio il caso di dirlo) e nobile come la nostra cucina a far venire la nostalgia di casa e che gli italiani possano cominciare a vantarsi per ore per ore e per ore di qualcosa che non siano solamente “la carbonara come la facciamo noi”.
La Okkietti
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